Ziv Parashat Vayishlah


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro della Genesi 32,4 – 36,43 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Abdia 1,1 – 21. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv vayetse

E ivi eresse un altare

Mentre entriamo in questa Parasha, leggiamo che “Giacobbe mando’ avanti a se’ alcuni messaggeri al fratello Esau’, nel paese di Seir, la campagna di Edom” (Genesi 32,4). La parola “messaggeri” in ebraico ha lo stesso significato di “angeli”, e Rashi nel suo commento a questo versetto spiega che qui si riferisce “agli angeli veri” nel senso che, a suo avviso, Giacobbe mando’ a Esau’ degli angeli reali e non semplici messaggeri umani. In questo modo Rashi unisce questo versetto ai versetti immediatamente precedenti alla conclusione della parasha precedente: “Mentre Giacobbe continuava il viaggio, gli si fecero incontro gli angeli di Dio. Giacobbe al vederli disse: “Questo e’ l’accampamento di Dio” e chiamo’ quel luogo Macanaim” (Genesi 32,2-3). Giacobbe, che incontra gli angeli nei momenti importanti della sua vita, manda questi angeli davanti a lui a incontrare Esau’, in una missione di pace.

Il compito di inviare gli angeli e’, naturalmente, riservato solo a Dio ma e’ delegato a Giacobbe mentre si prepara ad entrare nella Terra Promessa. Questo atto di “invio” da’ il tono alla Parasha. Giacobbe e’ “colui che invia” e si ritrova progressivamente con il compito di piu’ azioni che erano di dominio esclusivo del divino. Prima di incontrare Esau’, Giacobbe lotta con un angelo, un messaggero di Dio che e’ anche chiamato Dio, da solo lungo la notte e da lui verra’ chiamato “Israele, perche’ hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto” (Genesi 32,28).

Facendo riferimento a questa lotta, cosi’ il profeta Osea scrive: “Egli nel grembo materno soppianto’ il fratello e da adulto lotto’ con Dio, lotto’ con l’angelo e vinse, pianse e domando’ grazia” (Osea 12,3-4). Questo incontro, dove questo Dio-angelo tocco’ l’anca di Giacobbe provocandogli la lussazione, introduce anche il primo comandamento dato esclusivamente ai figli di Israele: “Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che e’ sopra l’articolazione del femore, perche’ quegli aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico” (Genesi 32,33).

Dopo aver incontrato Esau’, Giacobbe prosegue verso Succot e da li’ verso Sichem (Nablus), lo stesso luogo dove suo nonno Abramo si era accampato quando arrivo’ in quella terra e “ivi eresse un altare e lo chiamo’ “El, Dio d’ Israele” (Genesi 33,20). In ebraico, quest’ultimo versetto puo’ avere diversi significati: Giacobbe ha dato un nome all’altare; Giacobbe ha dato un nome a Dio; Dio ha dato un nome a Giacobbe; oppure Giacobbe stava pregando. Alcuni dei traduttori sostengono che il significato piu’ semplice di questo versetto e’ che Giacobbe ha dato il nome all’altare, ma altri importanti commenti, tra cui il Talmud e il libro di Zohar, dicono che il senso diretto qui e’ che Dio chiamo’ Giacobbe “El” (Dio). Il libro di Zohar continua dicendo che Dio disse: “Io sono il Dio dei regni superiori, tu sei il dio dei regni inferiori”. Giacobbe, che inizia la Parasha inviando angeli veri in una missione di pace, raggiunge la terra dei suoi padri assumendo il ruolo di dio. Shabbat Shalom.

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