Generosità, fiducia e coraggio. Vita consacrata a Dio in tempo di pandemia


Don Benedetto F. Di Bitonto


Stavo rientrando a piedi da Santa Rachele, il centro pastorale per bambini figli di migranti e richiedenti asilo di cui sono il direttore da quasi due anni. La mia mente era affollata da pensieri ed emozioni negativi... Ripensavo con dispiacere, e una buona dose di delusione, all’ennesima risposta negativa ricevuta da una persona a cui avevo chiesto aiuto per una delle nostre attività. E così pian piano facevo il punto di un anno di pandemia, in cui abbiamo affrontato ondate di difficoltà sempre maggiori: due mesi di isolamento rinchiusi nel centro con i nostri bambini, un’estate intera senza volontari e con tanti bambini da animare, un altro lockdown in autunno, un Natale senza gioia né festeggiamenti, e un altro lockdown a Gennaio... tutto questo con le nostre minime forze, arrivando più volte vicini al burnout.

Mentre riflettevo su questi dati mi tornavano in mente le parole del Signore: “chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita a causa mia, la salverà”. Noi sacerdoti, religiosi, religiose e consacrati abbiamo preso una decisione importante: mettere la nostra vita nelle mani di Dio, a sua disposizione, nel servizio degli altri. In momenti di bisogno, di emergenza e di necessità proprio noi doremmo essere i primi ad uscire e a cercare chi possa aver bisogno di aiuto, perché la nostra vita non è un bene assoluto da proteggere ad ogni costo, più importante dei poveri.

Pian piano arrivavo a casa, e sotto la mia porta c’era ad aspettarmi una busta dall’Italia. La mia vecchia amica Anna mi aveva mandato un regalo per Natale (3 mesi fa!) che arrivava solo oggi, proprio oggi! Quando l’ho aperto non potevo credere ai miei occhi: un calendario con le foto e i pensieri di una nostra comune amica, Imma, morta di tumore nel 2018. Imma era un’innamorata della Terra Santa, e con me condivideva l’amore per Lourdes e per la missione. Nel calendario con le sue foto in Africa i genitori hanno inserito delle frasi tratte dai suoi scritti, e manco a farlo apposta la prima cosa su cui si sono posati i miei occhi è stata questa: “Un missionario che non ama, che non dà la propria vita, non vale, è inutile, è nulla”. Queste parole mi hanno trapassato il cuore, perché esprimevano con fervore gli stessi pensieri che mi avevano accompagnato nel cammino verso casa, che in me però assumevano un tono di delusione e amarezza. A colpirmi ancora di più è stata la lettera di accompagnamento in cui Anna mi diceva: “Se ti senti un po giù, stanco, solo, ricordati di quella sera nel giardino di Imma... I pensieri, gli scritti le preghiere che ci ha lasciato possano illuminare i momenti più bui e di sconforto”.

La tempistica di Dio ha dell’incredibile. E il mistero della comunione dei Santi non lo comprenderemo mai fino in fondo. Quello che so per certo da oggi in poi è che non siamo mai davvero soli, e che nonostante la delusione che come uomini possiamo ricevere o provocare gli uni agli altri, abbiamo e avremo sempre il Cielo dalla nostra parte.


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