Yohanan Elihai: "Porgere l'altra guancia"


Cosa significa porgere l'altra guancia? Molti ebrei pensano che questa sia un'attitudine "tipicamente" cristiana, più detta che praticata. Fra' Yohanan Elihai, uno dei pionieri delle comunità cattoliche di lingua ebraica in Israele, ha scritto una breve riflessione su questo tema per mostrare le sue radici negli scritti del popolo ebraico.

L'altra guancia

Il pubblico israeliano cita il detto "offrire l'altra guancia" (l'espressione si trova nel Vangelo di Matteo 5,9), sostenendo che sia un'idea tipicamente cristiana. La tendenza è di aggiungere che questa no è una buona idea perché incoraggia l'ingiustizia e la violenza. Inoltre l'ebraismo lotta per la giustizia e contro il male, e quindi, si dice, non può accettare questo detto perché è esagerato e pericoloso.

Due commenti:

1. L'idea è già presente nel Tanakh (la Bibbia ebraica).

2. L'intenzione non è di incoraggiare la violenza o l'apatia nei confronti del male.

Analizziamo questi due punti più approfonditamente.

1. Ci sono almeno due luoghi nel Tanakh in cui quest'idea è presente: Lamentazioni 3,(27).30 (è bene per l'uomo portare un giogo nella sua giovinezza) Porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni.

Nell'edizione Cassuto-Artom del Tanakh (una versione con un semplice commentario nel bordo inferiore della pagina, che viene spesso regalata dai genitori per il bar mitzvah), si trova il seguente commento a questo verso: "porga la sia guancia a chi lo percuote"- che offra la sua guancia a chi lo vuole percuotere, vuol dire che non gli pone restitenza.

In questa nota si trova il riferimento ad un verso simile nel libro di Isaia 50,6. Qui si legge che il servo di Dio è pronto a soffrire, e dice: "Non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mia guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sotratto la mia faccia agli insulti e agli sputi." Questo vuol dire che a colui che ha cercato di colpirmi mi sono voltato, gli ho mostrato il dorso, a colui che mi voleva strappare i peli della barba ho dato la mia guancia.

2. Come si devono interpretare questi versi? Si può trovare una chiave in Matteo 5,39, che a volte è tradotto: "Non resistere male". Il verbo nell'originale greco significa: "sollevarsi contro, schierarsi contro il malfattore" (l'intenzione è: agire nella stessa maniera, con gli stessi metodi). Infatti una traduzione più corretta di questo verso (come è in ebraico e nel NRSV) dice: "Ma io vi dico non resistere (violentemente) a chi è malvagio". La stessa idea appare nelle letteri di san Paolo: "Badate che nessuno renda male per male" (1Tess 5,15).

Paolo riassume questo in maniera eccellente nella lettera ai Romani (12,21): Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene".

Si deve notare che Gesù più di ogni altro a resistito al male, alle menzogne, all'ingiustizia. Perfino quando compare davanti al Sinedrio, dice a colui che lo percuote sulla guancia: "Perché mi percuoti?" (Gv 18,23). Chiaramente un atto ingiusto deve essere corretto. Infatti Gesù risponde con bontà al malvagio. Similmente, in un'altra occasione, un gruppo di persone viene ad arrestarlo. Pietro estrae la sua spada e taglia l'orecchio di un membro del gruppo. Gesù dice a Pietro: "Rimetti la tua spada al suo posto" (Mt 26,52) e guarisce l'uomo (Lc 22,51). Si può presumere che come risultato di ciò il servo guarito ricorderà l'esempio di Gesù fino alla fine dei suoi giorni.

Alcune volte la non-violenza è vittoriosa. Qui alcuni esempi di vita:

Una donna arrestata ed imprigionata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, venne torturata dall'ufficiale al comando. Un giorno l'ufficiale venne al "lavoro" e lei lo sentì dire al suo vice: "Mia figlia è molto malata, sono preoccupato". Il giorno seguente quando venne per al tavolo di tortura gli chiese: "Come sta vostra figlia oggi? Meglio?" Egli fu riempito da una forte emozione e le rispose come si fosse un'amica, e ritornò a casa senza torturarla.

Ricordo anche ciò che un veterano residente di Haida, un ben noto promotore della non-violenza, disse in mia presenza. Descrisse gli eventi del 1948 e disse che in quel contesto di violenza cinque arabi gli si avvicinarono. Lo avevano preso e portato presso un pozzo vuoto con l'intenzione di ucciderlo e gettarne il corpo nel pozzo. Camminarono insieme e rimase tranquillo fino a quando raggiunsero il pozzo. Quindi si rivolse a loro e disse: "Okay, amici miei, fate il vostro lavoro". Si guardarono l'un l'altro e lo lasciarono senza dire una parola.

E se questo non succede? Certamente il bene non sempre neutralizza il male. Nonostante ciò alla fine chi agisce così non scende al livello dell'aggressore, non diventa come lui, non corrompe l'immagine di Dio in lui. Questa vittoria previene che il male si sparfa nel mondo e può servire d'esempio per altri.

E quale relazione con il verso "occhio per occhio"? Questo verso non intende vendetta o fare del male, ma piuttosto intende compensazione in base al danno ricevuto e non oltre. Lasciamo ciò per un altro articolo...

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