Antico e Nuovo Testamento: una questione di vocabolario


Padre Michel Remaud, membro della comunità di Gerusalemme e direttore dell’Istituto cristiano per gli studi ebriaici e la letteratura ebraica a Gerusalemme, ha scritto un articolo sui termini della tradizione cristiana “Antico Testamento” e “Nuovo Testamento” e tenta di trovare per essi un sostituto.

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Si nota oggi la tendenza a sostituire i termini “Antico Testamento” e “Nuovo Testamento” con “Primo Testamento” e “Secondo Testamento”. Da parte mia, l’espressioni tradizionali non mi infastidiscono.

La prima menzione dell’espressione “Antico Testamento” si trova nella Seconda Lettera ai Corinti (3,14). Quando Paolo usa questa espressione, e probabilmente non è lui l’inventore di questo termine, non è in opposizione a “Nuovo Testamento”, che ancora non esiste. Quanto scrive ai Corinzi non implica che stia lavorando all’edizione del Nuovo Testamento! Se parla in questo contesto di Antico Testamento, è per sottolineare che questa Scrittura non è invalida, ma piuttosto, al contrario, che è importante sapere come leggerla. Il fatto che ci sia una differenza tra la lettura ebraica della letteratura biblica e quella cristiana è un tema che non può essere trattato qui.

Si può anche aggiungere che in antichità, quello che era antico aveva autorità. Il termine, infatti, non è un peggiorativo. Al contrario si potrebbe dire. Un esempio è la sapienza di una sentenza di Tertulliano (un Padre della Chiesa del II secolo) sugli eretici: “quelli, le cui dottrine noi non discutiamo, ma di cui dobbiamo convincerci che sono eretici a causa dell’obbiezione principale costituita dalla loro novità”. Qui vediamo l’opposto estremo della mentalità che presuppone che il nuovo abbia prestigio. “Verius quod prius” e cioè “più vero ciò che precede”.

Durante l’ultimo Concilio (il Concilio Vaticano II degli anni ’60), la Dichiarazione Nostra Ætate sulle religioni non-cristiane usa l’espressione “Antico Patto” (antiquum fœdus), una formula che non ha senso peggiorativo.

Il termine “Nuovo Testamento” o nuovo patto (la differenza di termini non è significante, essendo che la Bibbia latina traduce l’ebraico b’rit –patto- con la parola testamento) proviene dall’Antico Testamento, dove appare in Geremia (31,31). Egli proclama che Dio concluderà una nuova alleanza con la Casa d’Israele e la Casa di Giuda. Il profeta non dice che Dio denuncia l’alleanza con Israele per concludere un’alleanza con un altro popolo, ma piuttosto che Lui rinnoverà l’espressione della Sua fedeltà a Israele. Anche qui possiamo solo accennare a questo tema. I discepoli di Gesù, tutti ebrei possiamo aggiungere, videro nella risurrezione del loro Maestro il compimento di questa promessa di una nuova alleanza con la Casa d’Israele. Il fatto che la composizione della Chiesa, come si svilupperà successivamente, porterà in pratica alla scomparsa dell’elemento ebraico è un altro capitolo che non possiamo sviluppare qui.

Non si può negare che questi termini abbiano acquisito nel corso dei secoli un gusto che era straniero dal loro significato originale. Il termine “antico” divenne sempre più sinonimo di “fuori tempo”. Inoltre è da notare che nella nostra cultura contemporanea, ciò che è nuovo non rimane tale a lungo e che la parola è generalmente compresa nel senso di effimero.

I termini “Primo Testamento” e “Secondo Testamento”, nonostante il loro uso sia ispirato da nobile generosità, non sembrano essere migliori dei termini tradizionali. Questi possono essere compresi in una maniera più pericolosa, specialmente si la parola “testamento” viene compresa in malo modo. Non è necessario essere un legale per sapere che un secondo testamento annulla il precedente! Questi termini promuovono anch’essi l’idea errata che i due “testamenti” possano essere ridotti allo stesso livello, come se si trattasse di una storia divisa in due volumi. Invece ognuno dei due è unico e ha il suo proprio ordine. “Il Nuovo è nascosto nell’Antico, l’Antico è rivelato nel Nuovo” , come diceva sant’Agostino.

Perciò io preferisco usare i termini tradizionali, da comprendersi in base alle loro origini, anche se ciò vuol dire spiegarli.

Il rinnovato incontro tra Cristiani ed Ebrei, provocato direttamente dagli eventi legati al nazismo, ha implicato un’inversione di tendenza militante. Prima di tutto, è stato necessario salvare gli ebrei e poi lottare contro l’anti-semitismo che sempre torna a spuntare. Senza allontanarsi da questa vigilanza necessaria, è oggi assolutamente necessario lavorare serenamente ad un altro livello, quello della spiegazione. Manifestare indignazione di fronte a termini sventurati, o a quelli che sono stati mal compresi, non può essere un obbiettivo a sé stante. Oggi abbiamo bisogno, dopo secoli di incomprensione, malevolenza ed anche violenza, di imparare pazientemente a conoscerci reciprocamente.

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