Giovani Cattolici di lingua ebraica e araba si riuniscono per celebrare speranza e unità


Il Festival dei giovani a Deir Rafat: in un periodo segnato da tensioni, incertezze e dolore, il Santuario mariano di Deir Rafat è diventato un luogo di radiosa speranza.


Sabato 18 ottobre, quasi duecento giovani provenienti da tutto Israele,

da Gerusalemme, Tel Aviv, Haifa, Nazareth e dalla Galilea, si sono riuniti per il Festival dei Giovani organizzato dal Vicariato di San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica in collaborazione con il Team di Pastorale Giovanile della Galilea.

I partecipanti di lingua ebraica e araba si sono riuniti per un'intera giornata di preghiera, musica, laboratori e incontri, uniti dal comune amore per Gesù Cristo.


Il festival si è aperto con una preghiera e un saluto guidati da Padre Piotr Zelazko, Vicario Patriarcale del Vicariato di San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica, insieme a Padre Ramez Twal, Cappellano dei Giovani in Galilea. Le loro parole di benedizione hanno invitato i giovani a iniziare la giornata con il cuore aperto: uniti nella fede, nella gioia e nel desiderio di crescere insieme come un'unica Chiesa.


l cortile del monastero si è trasformato in un gioioso mare di colori:

i giovani hanno dipinto vasi di fiori con messaggi di pace, hanno intonato canti di lode, hanno creato braccialetti di speranza e hanno scritto le loro preghiere personali su un "Muro di Frasi di Speranza". Tra il suono delle chitarre e le risate, c'era anche silenzio: momenti di profonda riflessione, confessione e adorazione.


"Grazie a Lui, rimaniamo", ha detto un giovane leader. "Viviamo in tempi difficili ma il nostro desiderio è cercare un'altra via, la via di Gesù".


Il messaggio di coraggio e fede del Cardinal Pizzaballa 

Il momento clou della giornata è stato l'arrivo di Sua Eminenza il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, e del Vescovo Rafic Nahra, Vicario Patriarcale per Israele, che si sono uniti ai giovani nel cortile sotto un luminoso cielo autunnale,per confessare e celebrare la Santa Messa.


Nella sua omelia, il Cardinale ha parlato con calore e realismo di cosa significhiessere credenti in Terra Santa oggi:

"La fede cristiana non è solo una religione", ha detto il Cardinale. "È uno stile di vita, un modo di essere vita. Non è solo ciò che facciamo, ma come lo facciamo, come esprimiamo ciò che abbiamo nel cuore".


Ha elogiato il coraggio dei giovani nell'organizzare un simile incontro "quando tutto diceva il contrario", ricordando che la decisione di organizzare il festival è stata presa in un momento di profondo scoraggiamento.


"Ora tutti parlano di pace e riconciliazione", ha aggiunto, "ma voi credevate già che qualcosa di nuovo potesse iniziare. Desidero esprimere il mio apprezzamento per il vostro coraggio".


Il Cardinale ha incoraggiato i giovani a non ascoltare le voci del dubbio o della divisione, ma la voce di Gesù, che prega "affinché tutti siano una cosa sola".


"Amatevi l'un l'altro, non nonostante le vostre differenze, ma proprio per questo", ha detto. "Se fossimo tutti uguali, saremmo così noiosi, e qui in Terra Santa non ci annoiamo mai!"


Un festival di speranza in tempi difficili

Durante la giornata, i gruppi si sono alternati tra momenti creativi, pasti condivisi e momenti di musica e culto.


Conversazioni in ebraico, arabo e inglese si sono mescolate naturalmente. Il festival ha incarnato ciò a cui la Chiesa in Terra Santa aspira così spesso: la comunione al di là di lingua, background o confini comunitari. Padre Piotr Zelazko, Vicario Patriarcale del Vicariato di San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica, ha affermato che "potrebbe essere l'unico posto al mondo in cui la Chiesa prega insieme in ebraico e in arabo". "Cercheremo di continuare a diffondere il messaggio di unità in tutta la Terra Santa", ha aggiunto il Vicario.


"Non possiamo tenere l'amore per noi stessi", ha ricordato ai giovani il Cardinale Pizzaballa. “L'amore, se custodito, diventa possesso e muore. L'amore fiorisce quando diventa donazione. Siamo felici non perché le cose siano facili, ma perché possiamo donare ciò che abbiamo ricevuto. Qualcosa di così grande che il potere del male non può prevalere: Gesù Cristo.”


Al calar della sera, i giovani si sono riuniti di nuovo per l'adorazione e il culto. Il cortile si è illuminato e il suono di centinaia di voci che cantavano insieme si è levato nella notte.


Padre Benedetto Di Bitonto e i suoi colleghi musicisti hanno diretto il concerto di adorazione. Un momento toccante in cui le voci si sono levate all'unisono in ebraico, arabo e inglese, riecheggiando l'unità e la gioia che avevano riempito l'intera giornata. Le parole del Cardinale hanno riassunto lo spirito della giornata:


“Forse ora non lo capite, ma questi sono i piccoli segni di cui abbiamo bisogno. Qui, in questa terra spesso nota per la divisione e l'esclusione, c'è ancora un piccolo residuo capace di fare la differenza.”


Un piccolo residuo, una grande missione

Il Festival dei Giovani di Deir Rafat non è stato solo un evento, ma una testimonianza che la giovane Chiesa in Israele, piccola, diversificata e multilingue, rimane unita, viva e creativa.


Con coraggio, musica e fede, questi duecento giovani hanno dimostrato che l'unità è possibile, che la gioia è più forte della paura e che il Vangelo continua a ispirare i cuori a sperare.


"Non siamo qui per caso", aveva detto in precedenza il Cardinale. "Siamo qui per provvidenza. Gesù vuole noi, la Sua Chiesa, la Sua comunità. Appartenere a Lui significa rimanere, mantenere aperta la via verso di Lui."


A Deir Rafat, quel canale si e’ spalancato e attraverso di esso fluisce la forza silenziosa di una fede che non si arrende.


Monika Faes

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