Testo del Vicario cattolico di lingua ebraica al Sinodo


Alla mattina del 12 ottobre 2010, padre David Neuhaus SJ, Vicario patriarcale latino per i cattolici di lingua ebraica in Israele, si è rivolto al Santo Padre ed al Sinodo a Roma. Ecco il testo del suo discorso.

Desidero ringraziare il Santo Padre per avermi nominato per questo Sinodo.

Con la nascita dello Stato d’Israele nel 1948, ondate di immigrazione ha aumentato di milioni la popolazione ebraica e tra gli immigranti migliaia di cattolici, i più membri di famiglie ebraiche, che si sono trovati ad essere parte della società di lingua e religione ebraica israeliana. Per ragioni di lingua, cultura e politica, questi non hanno trovato il loro posto nella Chiesa locale in predominanza di lingua araba. L’ Oeuvre Saint-Jacques fu fondata nel 1955 per rispondere ai bisogni pastorali dei cattolici viventi nella società ebraica e per promuovere il dialogo tra la Chiesa ed il popolo ebraico. L’aspetto pastorale dell’ Oeuvre Saint-Jacques è stato trasformato nel Vicariato cattolico di lingua ebraica all’interno del Patriarcato latino ed ha portato ad un’ulteriore definizione del suo scopo e della sua missione all’interno del contesto della nuova ondata migratoria, che ha portato in Israele circa un milione di persone di lingua russa, e tra essi decine di migliaia di cristiani. Oggi l’ebraico è anch’esso lingua della Chiesa in Medio Oriente (letto anche in ebraico).

Oggi ci sono sette comunità che servono i bisogni dei fedeli di lingua ebraica e russa in Israele. Queste sono oasi vibranti di vita per questi cattolici che costituiscono una minoranza doppiamente marginalizzata: all’interno di una società che è prevalentemente ebraica e all’interno di una Chiesa che è prevalentemente araba. Continuiamo a lavorare duramente per rendere la vita cattolica sacramentale, catechetica e comunitaria completamente vivibile in ebraico. Viviamo la nostra fede cristiana inseriti in una società ebraica, la cui lingua, liturgia, feste e pratiche hanno modellato le prime comunità cristiane. Inculturarci in questa società evoca certamente  la prima delle comunità cristiane a Gerusalemme al tempo degli Apostoli. Allo stesso tempo siamo chiamati ad una profonda comunione con i nostri fratelli e sorelle arabi, nella preghiera comune per la giustizia e la pace per tutti.

Nel corso degli anni, tre altri gruppi di popolazione cattolica hanno iniziato a vivere in ebraico, allargando necessariamente lo scopo del Vicariato di lingua ebraica in Israele:

-Decine di migliaia di lavoratori stranieri cattolici;

-Migliaia di rifugiati giunti da ogni luogo della Terra;

- Decine di famiglie arabe-cristiane che si sono trasferiti in aree ebraiche dove l’ebraico è la lingua dominante.

Come risultato di queste tre realtà, oggi nello Stato d’Israele, ci sono migliaia di bambini cristiani che studiano in scuole ebraiche, israeliane e di lingua ebraica e che sono ammirevolmente inculturati. Si rende sempre più necessario sviluppare l’espressione cattolici di lingua ebraica, cosicché l’evangelizzazione e la formazione catechetica di questa popolazione possa essere attuata con efficienza. La scommessa è la preservazione dell’identità cristiana di questi bambini.Un Vicariato di lingua ebraica ha, in questo contesto, una doppia missione. Primo, verso al Chiesa in Israele/Palestina e nel Medio Oriente: è chiamato ad aiutare la Chiesa a muoversi da un discorso di sospetto a causa del conflitto politico ad un discorso di rispetto per una religione ed una tradizione spirituale che è intrinsecamente legata alle radici della fede cristiana. Secondo, verso la società israeliana ebraica: è chiamato ad aiutare la società ebraica israeliana ha comprendere la Chiesa cattolica, i suoi insegnamenti e principi, come anche ad aiutare gli israeliani a divenire consapevoli della radicata presenza della Chiesa e dei cristiani in Terra Santa, sensibilizzandoli alle difficoltà che i cristiani incontrano. Il fatto che gli ebrei costituiscano una maggioranza dominante condiziona fondamentalmente il dialogo. In nessun altro luogo e mai prima d’ora i cristiani hanno vissuto direttamente la sovranità di una politica ebraica. L’aspetto positivo dell’impegno con una maggioranza ebraica, che confida ed è sicura in una società definita dai costumi della tradizione ebraica, è la maggiore apertura verso i cristiani. Il dialogo serve alla continua ricerca di una giusta soluzione al conflitto, come anche alla continua testimonianza cristiana del Signore risorto in quella Terra che fu la sua casa terrena.

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