Nel nome dei quattordici ragazzini di 11 anni


Il 9 Febbraio 2017, sul quotidiano HaAretz, Padre David Neuhaus, Vicario del Patriarcato Latino, ha pubblicato una lettera aperta indirizzata a Aryeh Deri, Ministro degli Interni.

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Egregio Signor Aryeh Deri,

Non è mia abitudine introdurre vicendevolmente i politici. Tuttavia, in questo caso, credo che sia essenziale che lei, Onorevole Ministro degli Interni dello Stato di Israele, inizi a conoscere il defunto ex Presidente delle Filippine, il Signor Manuel Quezon. Sinceramente, a malapena avevo sentito parlare di Quezon quando sono stato invitato alla prima proiezione di un nuovo documentario dove si parla del coinvolgimento di Quezon nel salvare 1302 ebrei in fuga dalla Germania nazista prima e durante la Shoah.

Il film, "Open Door" [La Porta Aperta], diretto dal famoso regista filippino Noel Izon, presenta interviste piuttosto toccanti con gli ultimi sopravvissuti ebrei salvati dai loro persecutori europei grazie agli sforzi filippini. Uomini e donne anziani, spesso commossi fino alle lacrime, raccontano gli anni che da bambini hanno trascorso in un rifugio sicuro, lontano dall’inferno della guerra in Europa. Queste le parole di uno di loro: "Non solo rinnovo il mio passaporto filippino, ma insistito sul fatto che i miei figli rinnovino i loro passaporti filippini. Le Filippine non sono la mia terra madre, ma la mia terra adottiva".

Quezon inizialmente aveva intenzione di accogliere molti altri ebrei. La guerra infuriava e questo ha limitato le possibilità e in ultima analisi solo 1302 ebrei sono arrivati sulle isole del paese. L’amicizia di Quezon con il governatore americano e con alcuni migranti ebrei arrivati nelle Filippine prima della guerra, ha dato vita ad un atto audace e generoso: l’accoglienza di rifugiati ebrei, fornendo loro case e lavoro e consentendo loro di rimanere finché fosse necessario.

Signor Deri, non sto solo proponendo il Signor Quezon alla sua attenzione, ma mi rivolgo a lei come ebreo, israeliano e essere umano in nome dei 14 bambini di undici anni. Avete deciso che non c'è posto per loro nello Stato di Israele. Questi ragazzi sono tutti nati qui, parlano quasi esclusivamente ebraico, considerano questo paese come la loro patria e hanno soltanto un sogno: vivere qui e contribuire allo sviluppo e prosperità del nostro paese. Aggiungo: sono tutti di origine filippina.

La generazione dei loro nonni ha accolto nelle Filippine gli ebrei in fuga dalla Shoah. I loro genitori sono venuti qui per prendersi cura dei nostri anziani, disabili e malati e lo fanno giorno dopo giorno con devozione e amore. Molti di loro hanno lasciato i propri genitori anziani, disabili e malati per prendersi cura dei nostri. I bambini considerano loro stessi parte di ciò che noi siamo.

Signor Deri, il ricordo del passato deve aprire il nostro cuore e la nostra mente a comprendere che nel deportare questi bambini o altri figli di lavoratori migranti filippini, noi ci impegnamo in un atto di crudeltà insensibile che tradisce una memoria di bonta’ e generosità. La prego, Signor Ministro, guardi il film e cambi il decreto.

Cordiali saluti,
Rev. David Neuhaus SJ, Vicario del Patriarcato Latino

P.S. Non posso promettere di non scrivere anche in favore di tutti coloro che cercano rifugio qui. Quelli che sono fuggiti dal genocidio in Darfur e dal regime dittatoriale dell'Eritrea e dalle sue camere di tortura e prigioni, sono i veri fratelli e sorelle di quegli ebrei che fuggirono e che trovarono rifugio dalle persecuzioni qui perché sono ebrei. E che dire dei loro fratelli e sorelle che condividono il loro stesso destino?

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